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Oil for food

Stefano Salvi è intervenuto a Pisa al Festival del Futuro migliore, in occasione del quale ha ritrovato Giulietto Chiesa. I reportage di inviati di guerra dei due reporter si possono trovare, insieme a quelli di altri autori come Franco Di Mare e Tony Capuozzo, si possono leggere nel libro edito da Zeli- Baldini e Castoldi “L'Informazione deviata”. Dal capitolo “La mia avventura in Iraq” di Stefano Salvi: "Oil for food" I paesi occidentali si erano inventati anche l'oil for food. Un modo per fregare gli Iracheni e mantenere la propria coscienza tranquilla.La ricchezza dell'Iraq è una sola ed è il petrolio. Bisogna considerare che l'Iraq ha la più ampia riserva mondiale di petrolio. Gli Americani davano agli Iracheni la possibilità di estrarre una piccola percentuale di petrolio. In questo modo l'Iraq avrebbe potuto comprare le medicine, i macchinari, i generatori di corrente elettrica, i pezzi di ricambio per gli acquedotti, l’acqua potabile e in una parola tutto di tutto perché mancava tutto. Invece no, questo non è avvenuto. Perché, veniva sì data la possibilità di prelevare una bassissima quantità del petrolio iracheno, ma questo petrolio non veniva pagato dagli Americani in denaro ma in merce. Il governo iracheno diceva: "Ho bisogno di un certo numero di aspirine (e per loro l'aspirina era un bene fondamentale), di deflussori, di aghi a farfalla, di sacche per il sangue e di altri medicinali”. A questo punto sarebbe dovuto avvenire una sorta di scambio: il petrolio in cambio di medicinali e di beni per la sopravvivenza. Per le prime volte lo scambio si verificava più o meno regolarmente, ma man mano che passava il tempo, siccome l'Iraq pagava in anticipo con il petrolio e non aveva quindi la possibilità di avere un benché minimo potere contrattuale, non arrivavano i medicinali richiesti, non arrivavano gli alimentari richiesti, non arrivavano i pezzi di ricambio richiesti ma arrivava la "merda", cioè medicinali scaduti, scatole di medicinali vuote, attrezzature diagnostiche e macchinari privi di pezzi che ne inficiavano da subito il funzionamento, e la lista potrebbe continuare all’infinito. Io ho visto i magazzini pieni di attrezzature diagnostiche che non servivano a nulla. E questo gli Americani lo chiamavano oil for food. Petrolio per cibo. Cioè "merda". Non cibo. Bisogna anche far presente che, insieme ad altri Paesi dell'Occidente, il governo americano deteneva decine di milioni di dollari di proprietà del governo iracheno, debitamente congelati nelle banche di mezzo mondo. Soldi che potevano essere utilizzati per l'acquisto di medicinali, di alimentari, di pezzi di ricambio e di tutte le altre cose utili.
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Il Genocidio

Stefano Salvi è intervenuto a Pisa al Festival del Futuro migliore, in occasione del quale ha ritrovato Giulietto Chiesa. I reportage di inviati di guerra dei due reporter si possono trovare, insieme a quelli di altri autori come Franco Di Mare e Tony Capuozzo, si possono leggere nel libro edito da Zeli- Baldini e Castoldi “L'Informazione deviata”. Dal capitolo “La mia avventura in Iraq” di Stefano Salvi -Il Genocidio- Nessuno vuole difendere l'operato di Saddam Hussein, che era un criminale e che per questo è stato giustiziato. Noi però non dovremmo essere altrettanto criminali. Perché quello che si stava attuando allora e che è continuato anche in questi anni in Iraq è un genocidio. E noi tutti, inconsapevolmente, siamo complici di questo genocidio. E ci fanno essere complici, in quanto appartenenti al mondo occidentale, senza farci sapere quello che i nostri governanti hanno deciso e stanno decidendo contro la popolazione irachena.Questa è la cruda verità. Dobbiamo svegliarci tutti e ribellarci contro questo sistema che si pone come obiettivo principale quello di fare in modo che nessuno di noi sappia. Durante la mia visita negli ospedali, ho incontrato un altro medico che mi ha fermato per dirmi: "Peccato che lei non fosse stato presente la settimana scorsa, perché purtroppo a causa dell'embargo non possiamo ricevere deflussori e aghi a farfalla". Io, giuro, ho scoperto cosa fossero i deflussori in quel momento. Il deflussore è una cannuccia di plastica che fa arrivare il liquido dal contenitore della flebo al braccino del bambino attraverso l’ago a farfalla. A causa dell'embargo, non si sa perché, tra i medicinali che non potevano arrivare in Iraq erano inclusi anche i deflussori e gli aghi a farfalla.Questo medico, impegnato con tutte le sue forze a fare in modo che i bambini nel periodo estivo non morissero a causa delle varie complicazioni provocate dal colera e dalla gastroenterite, mi ha raccontato: "Avevo un solo ago a farfalla e due bambini: uno è vivo, l'altro è morto… Ho dovuto fare una scelta”.Oggi, mentre sto ricordando questo episodio mi ritrovo ancora con gli occhi pieni di lacrime. L’impotenza che sento si trasforma in rabbia, sì, la rabbia che ho nel cuore e nell’anima è così profonda che le lacrime si asciugano rapidamente per far posto ad una volontà mista a urgenza di giustizia, vendetta e non so cosa per poter urlare alla gente cosa si stava consumando laggiù. Nell'ospedale di Bassora, un dottore mi ha detto: "Tre settimane fa, se lei fosse venuto, avrebbe visto che noi operavamo i bambini senza anestesia". Senza anestesia, perché chiaramente l'anestetico faceva parte dei prodotti elencati in quel protocollo che era stato approvato dalle Nazioni Unite perché questi anestetici potevano, una volta arrivati in Iraq, essere utilizzati da Saddam, per produrre armi chimiche. Però nessuno osa far presente che Saddam Hussein - che ricordiamo era un criminale - ha utilizzato contro gli Iraniani bombe chimiche di provenienza americana. Nessuno ci tiene a far sapere che il signor Saddam Hussein il 16 luglio del 1979 è stato messo a capo dell'Iraq dalla Cia, perché in quel momento faceva comodo così. Continuando il mio viaggio, ho incontrato una dottoressa, patologa di fama internazionale, irachena di Bassora, città che si trova al confine con il Kuwait e con l'Iran. Sto parlando dell'area più "calda", dove è stato sganciato il maggior numero di bombe e di proiettili all'uranio impoverito. Dove la percentuale delle leucemie era aumentata in proporzione del 242%. Ripeto 242%. Ma questi non sono dati che io ho avuto dall'Organizzazione Mondiale della Sanità o dal rappresentante della Croce Rossa Internazionale in Iraq (che, tra l'altro, era un ginevrino). No, sono dati che ho raccolto andando di persona ospedale per ospedale, chiedendo a incaricato per incaricato, oncologo per oncologo. Conseguentemente sono dati oggettivi perché ognuno dei medici con cui ho parlato conosceva perfettamente quale fosse la situazione del suo ospedale prima, durante e dopo del conflitto bellico. Questa è la realtà che veniva taciuta e che questo schifo di informazione ha sempre cercato di tenere nascosta. Appena ho letto l'articolo su "The Guardian" io sono partito perché non volevo sentirmi un complice. Non avrei potuto farmi la barba il giorno dopo come se niente fosse. Non si può far finta di niente.Mi sono reso conto che su questi argomenti mancava proprio la comunicazione adeguata. L’inchiesta che ho svolto ha avuto un impatto enorme: sono arrivate alla redazione di Striscia centinaia e centinaia di lettere, e-mail, telefonate, fax. La gente ha provato la stessa rabbia che ho provato io. E in Iraq la situazione ha continuato ad essere disastrosa. L'energia elettrica, per la mancanza di pezzi di ricambio che non arrivavano a causa dell'embargo (le centrali idroelettriche sono state bombardate), veniva erogata tre ore al giorno, e credo si possa facilmente intuire che l'aria condizionata, a cinquanta gradi, in Iraq è assolutamente indispensabile.Entrare in un ospedale iracheno a maggio era inquietante: aveva tutto, tranne che l'odore di un ospedale. Aveva l'odore di una stalla. Io, con i miei occhi, ho visto tre pazienti per ogni letto. E, a cinquanta gradi, senza l’aria condizionata e in quelle condizioni, si può immaginare come si diffondevano i virus e le malattie.Bisogna anche ricordare che, senza energia elettrica, non è possibile tenere in frigorifero i vaccini e i medicinali che hanno necessità di essere conservati. Moriva la gente perché mancavano i medicinali, i chemioterapici, i deflussori, gli aghi a farfalla, ma morivano migliaia e migliaia di persone anche perché mancavano le sacche vuote per il sangue, perché l'embargo non faceva arrivare nemmeno le sacche vuote per il sangue. Pazzesco. Ho detto sacche vuote, non piene. Cosa significa? Significa che i donatori di sangue in Iraq ci sarebbero anche stati, ma non potevano donarlo perché mancavano le sacche per contenerlo. Perché l'embargo aveva stabilito che le sacche per contenere il sangue erano pericolose. Devo ancora capire dove fosse il pericolo. E così sono morti migliaia e migliaia di bambini. Negli ultimi quindici anni sono morte due milioni di persone a causa degli effetti dell'uranio impoverito e a causa dell'embargo che, vorrei sottolineare, così come è stato attuato era una violazione dei basilari principi sanciti dalla Carta dei diritti dell'uomo e dalla Carta dei diritti del bambino. Come ho già detto, esiste una normativa per cui uno stato vincitore, nel momento in cui il periodo bellico è terminato, ha l'obbligo di fornire alla popolazione tutto il proprio bagaglio dal punto di vista tecnologico, scientifico e medico per aiutare i civili. Tutto questo in Iraq non è stato fatto e si è messa in ginocchio la popolazione, violandone i diritti con l'embargo.Questo non è un vero e proprio crimine contro l’umanità?
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Gli ospedali

Stefano Salvi è intervenuto a Pisa al Festival del Futuro migliore, in occasione del quale ha ritrovato Giulietto Chiesa. I reportage di inviati di guerra dei due reporter si possono trovare, insieme a quelli di altri autori come Franco Di Mare e Tony Capuozzo, si possono leggere nel libro edito da Zeli- Baldini e Castoldi “L'Informazione deviata”. Dal capitolo “La mia avventura in Iraq” di Stefano Salvi. Gli ospedali. L' embargo imposto dagli Americani e dagli Inglesi all'Iraq non soltanto faceva arrivare i medicinali col contagocce, ma poneva un freno anche allo sviluppo della scienza e della tecnologia del Paese. L'acquedotto e la fogna non saranno mai ripristinati e le pompe idriche per la popolazione resteranno solo un ricordo. Non sarà mai possibile ristabilire, in queste condizioni, nemmeno una parvenza di vita normale. Ho visitato venti ospedali e, tranne che nell'ospedale di Babilonia, le risposte che ho avuto dai medici e le realtà che ho visto con i miei occhi sono sempre state le stesse. Difficile, per me e per il cameraman, uscire da ciascun ospedale senza gli occhi lucidi. All'ospedale di Saddam City (che è uno dei peggiori che ci siano in Iraq) ho incontrato un medico con le lacrime agli occhi, che mi ha chiesto: "Ci sarebbe la possibilità di venire in Italia per fare il pizzaiolo?”. Sto parlando di un pediatra che ha studiato in America e che chiedeva a me se poteva venire in Italia a fare il pizzaiolo. Io gli ho risposto:"Ma lei qui ha un ruolo fondamentale". E lui mi ha detto: "Io qui non posso più salvare nessuno". Dovete sapere che a causa dell'embargo, tra i medicinali che non potevano essere inviati, ci sono anche i chemioterapici. Secondo gli Americani, infatti, gli Iracheni con i medicinali chemioterapici avrebbero potuto costruire delle bombe chimiche.Gli Iracheni non potevano importare nemmeno le matite perché l'Alta Commissione delle Nazioni Unite aveva stabilito che con la grafite Saddam Hussein avrebbe potuto costruire armi chimiche.La percentuale di scolarizzazione irachena era al 94%, prima dell'embargo. Quando sono stato in Iraq per la mia inchiesta erano arrivati addirittura al 12%.Sono percentuali, secondo il mio punto di vista, molto significative di un dramma di cui il mondo occidentale, da ormai quindici anni, è responsabile e tacito complice. Mantenere l'embargo è stato come uccidere gli Iracheni due volte: prima con le armi all’uranio impoverito e poi con un vero e proprio isolamento.
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www.stefanosalvi.it

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