L'Iraq che ho trovato |
Stefano Salvi è intervenuto a Pisa al Festival del Futuro migliore, in occasione del quale ha ritrovato Giulietto Chiesa. I reportage di inviati di guerra dei due reporter si possono trovare, insieme a quelli di altri autori come Franco Di Mare e Tony Capuozzo, si possono leggere nel libro edito da Zeli- Baldini e Castoldi “L'Informazione deviata”.
Dal capitolo “La mia avventura in Iraq” di Stefano Salvi.
Dopo la sconfitta dell'Iraq nella Guerra del Golfo del 1990-'91, gli Americani, gli Inglesi, i Francesi, la Russia, la Cina e gran parte dei Paesi che aderiscono alle Nazioni Unite avevano deciso di imporre l’embargo al Paese iracheno. Dopo un certo periodo di tempo, cinque o sei anni, Francia, Cina e Russia hanno avanzato la proposta di revocare l'embargo. Ma la volontà degli Americani di mantenerlo è stata più forte.Questo embargo impediva l'arrivo in Iraq di medicinali per guarire la popolazione. Guarire da che cosa? E' quantomeno strano che nessuno si sia mai ricordato di dirci che in Iraq, durante la Guerra del Golfo, sono state sganciate bombe e missili all' uranio impoverito, i quali hanno sprigionato una radioattività che risulta essere sei volte superiore a quella delle bombe sganciate su Hiroshima e Nagasaki messe insieme. E ciò è avvenuto soprattutto nella zona dell'Iraq compresa tra Baghdad e il Kuwait. Da allora, si sono verificati numerosi casi di leucemia e cancro infantile e, chiaramente, anche moltissimi casi di variazioni genetiche.Ma facciamo un passo indietro. Quando finisce una guerra, in virtù della Convenzione di Ginevra e di quanto è stato scritto nei Trattati internazionali, i vincitori hanno l'obbligo immediato di aiutare la popolazione che è stata sconfitta: così è stato fatto in Germania, in Giappone, in Vietnam e in tutti gli altri Paesi.In Iraq invece sono state usate armi improprie e radioattive sulla popolazione; i civili sono stati e continuano ad essere affamati e non sono mai stati aiutati a causa dell’embargo.Questo è un modo per ucciderli non una ma due volte.In Iraq gli Americani e gli Inglesi si sono rifiutati di bonificare il territorio iracheno, perché la spesa era enorme.E' stato calcolato che occorrono tra i cinquecento milioni e i quattro miliardi di anni perché l’uranio impoverito scompaia.Il dramma iracheno continuava, però, a nostra completa insaputa. E’ vero che la popolazione moriva a causa degli effetti dell'uranio impoverito, ma è vero anche che era stata messa in ginocchio dall'embargo che durava da oltre dieci anni. Gli effetti dell’embargo erano vari. Prima di tutto che le medicine non arrivavano. Perché c’era la no fly zone. Una bella parola dalle conseguenze devastanti. A questo proposito è bene ricordare che la signora Allbright, segretario di stato americano all’epoca – che, in quanto ebrea avrebbe dovuto avere una sensibilità particolare, là dove si parlava di genocidio, perché questo era un genocidio - disse testualmente che "ottocentomila bambini morti in dieci anni ne sono valsi la pena la pena". Queste parole non le ha dette la donna delle pulizie della Casa Bianca, ma il segretario di stato degli USA.
Gli Americani e gli Inglesi avevano stabilito, al fine di tutelare i Kurdi (almeno così sostenevano) che tutti i territori a nord e a sud dell'Iraq non potessero essere sorvolati da aerei iracheni. Giusto.Giusto? Strano, piuttosto. Perché i Turchi hanno massacrato trenta mila kurdi. Ma non mi risulta che sia stata sanzionata una sola ora di embargo nei confronti dei Turchi.Ciò si verifica a causa degli enormi interessi mondiali che ci sono per il petrolio, ed infatti in Turchia non ce n’è una goccia.Un litro di benzina alla pompa in Iraq costava venti lire. In Giordania, che è la nazione confinante, costava settecento lire. Le ho pagate io, personalmente, durante il viaggio, non sono cose che ho sentito dire. Questa enorme differenza di prezzo del petrolio ha fatto nascere in Iraq degli interessi economici e politici inimmaginabili. Ma torniamo alla no fly zone. I medicinali, quei pochi che venivano inviati, dovevano arrivare in aereo fino ad Amman in Giordania e poi essere trasportati sugli autocarri per i mille chilometri di deserto che dividono Amman da Baghdad. Questa non era una decisione delle Nazioni Unite, ma degli Stati Uniti e del Regno Unito. Eppure gli altri stati membri dell’allora Consiglio di Sicurezza (Francia, Cina e Russia), pur essendo in maggioranza la subirono. Io sono andato in Iraq nel mese di maggio: c'erano quarantotto gradi. Quarantotto gradi: con queste temperature è facile immaginare in che condizioni arrivino quei pochissimi farmaci che riescono a superare l'embargo. E sto parlando di Baghdad. Poi bisogna farli arrivare a Bassora, per esempio, che è nel Sud, al confine con il Kuwait e l'Iran. Altri seicento chilometri di deserto.Una volta arrivato, ho iniziato la mia visita agli ospedali di Baghdad e poi mi sono inoltrato verso il Centro e il Sud del Paese. Volevo assolutamente rendermi conto di persona anche di quelle che erano le reali difficoltà di comunicazione. L’Iraq già allora era un Paese che non esisteva più. Il Tigri e all'Eufrate, i due fiumi che hanno sempre dato la vita all'Iraq erano diventati un'immensa cloaca, una fogna a cielo aperto.Con i bombardamenti erano saltate tutte le fognature, per cui le acque chiare e le acque scure si erano unite. Non esisteva più nemmeno l'acquedotto: ho visto della gente che, a quarantotto gradi, andava a prendere l'acqua da bere con la tanica. Un'acqua così nera che nemmeno i topi ci avrebbero sguazzato. Però la gente lì la beveva e, in quel caso, non moriva per l'uranio impoverito. Moriva per il colera e per la gastroenterite. I bambini che morivano di gastroenterite erano migliaia. |
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Invio seconda mail al Direttore de "L'Eco di Bergamo" |
A tuttoggi, non avendo ancora ricevuto risposta dal Direttore de “Eco di Bergamo” sulla vicenda del cromo esavalente, oggi gli ho inviato questa mail:
Carissimo Direttore,
ti ho inviato questa mail venerdì 21 c.m. Non avendo avuto cenni, né sul giornale, né in forma privata, presumo che tu non l'abbia ricevuta, percui te la rinvio.
In attesa di un tuo cenno, pubblico o privato, ti saluto, cordialmente |
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Un'altra vittoria ottenuta dal Polisário perchè la Guiné Bissau ha riconosciuto la Repubblica del Saraui. |
Un'altra vittoria ottenuta dal Polisário perchè la Guiné Bissau ha riconosciuto la Repubblica del Saraui.
Vitória diplomática da Frente Polisário
Guiné Bissau reconhece a República Árabe Saraui Democrática como Estado
Bissau ? O Governo da Guiné-Bissau reconheceu formalmente a existência da República Árabe Saraui Democrática, RASD, como um Estado de direito. Uma vitória diplomática da Frente Polisário.
A decisão governamental foi anunciada em comunicado de imprensa tornado esta quarta-feira em Bissau. De acordo com o mesmo documento, o executivo do Carlos Gomes Júnior, sustentou a sua medida com base nas resoluções do Conselho de Segurança das Nações Unidas sobre a questão Saara Ocidental.
«Depois de ter analisado a questão à luz das resoluções da Assembleia-geral e do Conselho de Segurança da ONU que permitiram Reino do Marrocos e a Frente Polisário estabelecerem negociações directas entre as partes, por forma a encontrar uma solução política justa e aceitável, o Governo decidiu levantar a suspensão do reconhecimento da República Árabe Saraui Democrática em vigor desde Março de 1997», adianta o comunicado do Governo.
O comunicado do Governo sublinha ainda que o executivo reitera a sua disponibilidade no processo negocial iniciado entre o Reino do Marrocos e a Frente Polisário.
Autoproclamada a 27 de Fevereiro de 1976 em Bir Lahlo, territórios libertados pela Frente Polisário, República Árabe Saraui Democrática (RASD conta com 33 anos de independência virtual que acompanha o desterro de cerca de 165 mil refugiados em Tinduf, sudoeste argelino.
Construída no exílio desde a invasão marroquina, e consequente anexação do Sara Ocidental, a RASD é hoje reconhecida por mais de 80 países. Foi membro, desde 1984, da Organização da Unidade Africana (OUA) e membro fundador da União Africana (UA).
Sumba Nansil
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